Il farmaco generico
Relazione ASL MI2 anno 2002 tenuta con il Dott. Livio Garattini farmaco economia Istituto Mario Negri Per quanto riguarda il concetto della bioequivalenza il Dr. Garattini dice che probabilmente in Italia non abbiamo una struttura di controllo tale da garantirci come i Paesi del Nord Europa.
Comunque a mio giudizio, sono le stesse aziende che se vogliono vendere devono avere farmaci di livello. Il concetto della bioequivalenza per me è una trincea su cui non è possibile nessuna resistenza.
La frode non è soltanto nel farmaco generico. La mia posizione precisa sul generico è rappresentata dal fatto che ogniqualvolta esiste il farmaco di riferimento, ho dato mandato al mio farmacista di cambiarlo nel prodotto generico. Il generico deve sempre essere lo stesso del farmaco altrimenti la bioequivalenza non esiste. Il nostro codice Deontologico dice che non dobbiamo trascurare l'aspetto economico di una prescrizione. Il generico è un risparmio, ma forse residuale (il MMG può effettuare risparmi molto più importanti del generico ).
Il farmaco generico in Italia ha un'importanza marginale rispetto al Regno Unito, alla Germania, alla Francia, all'Olanda e agli Stati Uniti. E' normale che in un libero mercato l'industria faccia pressione sul medico di medicina generale. Il fatto di inibire la partecipazione ai congressi sponsorizzati dall'industria, per esempio, non diminuirà certo le prescrizioni; forse aumenterà l'ignoranza e le trascrizioni. Tagliare il medico di medicina generale dai congressi non è un risparmio (aumenteranno le trascrizioni ).
In Italia il carisma prescrittivo del medico specialistico è alto infatti quando prescrive un farmaco non è semplice cambiarlo. Il carisma prescrittivo può essere del 40% per il medico di medicina generale perché la sua prescrizione ha un impatto dirigistico inferiore al paziente rispetto al medico specialista e superiore a quello dei farmacisti. Questo carisma prescrittivo contrasta con la potestà prescrittiva (molte nostre prescrizioni sono trascrizioni ). Il risparmio del medico, anche dei farmaci, viene dalla sua capacità professionale.
Vi cito un articolo di uno psichiatra americano che studia l'effetto placebo. I pazienti alla quale viene fornita una diagnosi dove nel giro di pochi giorni staranno meglio, hanno una percentuale di miglioramento maggiore rispetto ai quei pazienti alla quale viene detto che non si ha certezza sul problema (il medico bravo con il suo carisma, il medico che sa fare diagnosi, non dà neanche il farmaco, ciò determina risparmio). Questo è l'effetto placebo della capacità professionale la quale determina la non necessità del generico.
Nessun farmaco generico farà la differenza (il generico è una strada residuale rispetto al risparmio). Non si deve, mai, delegare il medico a praticare un risparmio per scelte politiche (il medico che ha rapporto con il paziente non può accettarlo); non è il caso del generico. Il risparmio si ottiene migliorando il percorso diagnostico; quindi se c'è il generico e lo prescrivo risparmio, ma se in ospedale mettono dei pace-maker inutili il mio risparmio va a farsi benedire perché per mettere un pace-maker ci vogliono 1549,37€.
Quindi per me il farmaco generico è un mezzo di risparmio non punitivo e non surrogato per il medico di medicina generale , ma può essere soggetto di risparmio se:
· Ci sono incentivi
· Maggiore informazione
· Maggiore aggiornamento
· Maggiore potere negoziale al medico (ciò è importantissimo)
Prof L. Garattini Direttore CESAV